venerdì 3 ottobre 2008


AD EUROFLY I DIRITTI DI TRAFFICO PER VOLI DI LINEA SU ISRAELE


Eurofly ha ottenuto i diritti di traffico per operare collegamenti di linea tra Italia e Israele. La compagnia, secondo le indicazioni dell’Enac, potrà operare 5 voli settimanali in partenza da Milano Malpensa, Roma Fiumicino e Verona. I voli saranno realizzati con A320 da 180 posti in economy class. “Siamo molto soddisfatti di poter avviare questi nuovi collegamenti di linea su Israele - ha dichiarato l’amministratore delegato di Eurofly, Gianni Rossi - che si aggiungono alle altre destinazioni internazionali operate dal Nord Italia. Anche Israele, come le linee recentemente aperte da Malpensa verso Il Cairo e Dakar, incontrerà il favore dei nostri clienti e degli operatori turistici che collaborano con noi”. http://www.md80.it/


CALCIO, U21: DOMANI AZZURRI CONVOCATI PER ISRAELE

Pierluigi Casiraghi ufficializzerà domani i convocati per il doppio impegno con Israele valido per le qualificazioni play off degli Europei under 21. La gara di andata è in programma l'11 ottobre ad Ancona, quella di ritorno il 15 ottobre a Tel Aviv. Il raduno è fissato per lunedì prossimo in un albergo di Castelfidardo, vicino Ancona. (Nic. Api) (02/10/2008) (Spr)http://www.repubblica.it/

attacchi terroristici dei "martiri" dal 2000 al 2007

8,341 Israeliani uccisi dai "martiri palestinesi" dal 2001 al 2007


In risposta all'iniziativa di intitolare una strada ai "martiri palestinesi:

Egregio Sig. Zaninello, apprendo questa notizia quale iscritto ad una mailing list di amici di Israele; dovrebbe quantomeno vergognarsi di avere avallato questa operazione. Ora dovrebbe -come minimo- intitolare una piazza a tutti, ebrei e non, vittime dei suddetti "martiri".
Gli amici di questi ultimi , si ricordi, nell'apprendere del crollo delle Torri Gemelle ballavano , applaudivano e suonavano i clacson delle automobili il giorno 11 settebre 2001 . Lei ha intitolato una via a questa gente.Veramente, si vergogni.
Paolo Bassini

giovedì 2 ottobre 2008


Patate in salsa di tonno

Ingredienti:
6 Patate, 2 Spicchi Aglio, 200 G Tonno Sott'olio, 1 Limone, 1 Ciuffetto Prezzemolo, Abbondante Olio D'oliva Extra-vergine, Sale, 1 Pizzico Peperoncino In Polvere

Preparazione:
Mettete a lessare le patate e nel frattempo preparate la salsa: spezzettate il tonno (sgocciolato dall'olio) con una forchetta, aggiungete qualche goccia di limone, un pizzico di peperoncino, un battuto d'aglio e prezzemolo e condite amalgamando bene con abbondante olio. Scolate le patate, privatele della pelle e tagliatele a fette sulle quali spalmerete la salsina.

mercoledì 1 ottobre 2008


Israele, verità e pregiudizi

di Giuseppe Giannotti , De Ferrari Editore € 16,00

Lo Stato d’Israele ha sempre ricevuto un “trattamento speciale” da parte della stampa e dei media italiani che non perdono occasione per seguire con puntigliosa attenzione il conflitto israelo-palestinese.Un trattamento tutt’altro che benevolo. Pregiudizi, falsità, notizie costruite ad arte per fornire un’immagine distorta di Israele riconducibile a stato aggressore che opprime il “povero popolo palestinese”.E’ quanto emerge nel libro di Giuseppe Giannotti, giornalista de “Il Secolo XIX” di Genova ed esperto di questioni mediorientali.
Quella di Giannotti è un’analisi approfondita e scrupolosa del modo in cui i giornali e la televisione hanno trasmesso le notizie e gli avvenimenti legati al conflitto israelo-palestinese negli ultimi sette anni, a partire dallo scoppio della seconda Intifada il 28 settembre 2000 fino agli inizi del 2008. Confrontando titoli, immagini e articoli dei due maggiori quotidiani italiani “La Repubblica” e il “Corriere della Sera” oltre alle notizie trasmesse dall’ANSA, Giannotti prende in esame alcuni episodi salienti del conflitto israelo-palestinese come il linciaggio del caporale Vadim Norzhich e del sergente maggiore Yossi Avrahami che, entrati per errore a Ramallah il 12 ottobre 2000, vengono barbaramente uccisi da una folla inferocita e poi gettati dalla finestra.
Una troupe televisiva del TG4 riesce a riprendere il linciaggio che viene successivamente trasmesso sulle reti mediaset. Grazie a quel filmato donato all’Ambasciata israeliana a Roma è possibile identificare gli autori del massacro. Quella che Edoardo Tabasso definisce “la caporetto dell’informazione italiana”, una vergogna per un giornalismo serio e onesto, si compie alcuni giorni dopo quando il quotidiano palestinese Al Hayat al Jedida pubblica una lettera di Riccardo Cristiano nella quale il corrispondente della Rai a Gerusalemme si scusa con “i cari amici palestinesi” per le riprese fatte da una rete privata assicurando che “noi continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina”.Con buona pace dell’attendibilità e della serietà dell’informazione.
Un altro avvenimento chiave della questione israelo-palestinese è quello di Mohammed Al Dura, il ragazzo palestinese che, trovatosi in mezzo al fuoco incrociato fra soldati israeliani e miliziani palestinesi, rimane “colpito a morte”.Le riprese televisive dello scontro fanno il giro del mondo suscitando indignazione nei confronti dei soldati israeliani ritenuti colpevoli a priori, sebbene dall’esame balistico e dall’osservazione dell’angolazione da cui provengono le pallottole risulti impossibile attribuire la responsabilità di quell’episodio all’esercito israeliano. A distanza di sette anni è emerso, grazie alla denuncia di un cittadino francese Philippe Karsenty, che il canale France 2 e il suo corrispondente avevano manipolato le immagini. Altri episodi sui quali Giannotti focalizza l’attenzione, emblematici di una informazione scorretta e pregiudizialmente ostile a Israele, sono la cosiddetta strage di Jenin, enfatizzata dai media italiani, sempre pronti a dare credibilità alle fonti palestinesi, onde poi dover constatare che i morti non erano migliaia bensì 52 di cui la metà guerriglieri uccisi in combattimento che usavano i civili come scudi; e l’assedio ai terroristi della Basilica della natività a Betlemme. In questo caso l’indignazione dell’opinione pubblica che non nasconde toni accusatori nei confronti dei soldati israeliani, si estende anche ai poveri fraticelli che a detta di padre Ibrahim “siamo senza acqua e cibo”. In realtà è stato appurato che all’interno del convento gli armadi erano pieni di cibo e di acqua ve n’era in abbondanza. Un capitolo di estremo interesse è quello dedicato all’uso strumentale delle immagini spesso scelte ad arte per provocare nel lettore sdegno e indignazione verso Israele. Ad esempio le fotografie dei bombardamenti israeliani a Beirut hanno superato di gran lunga quelle dei danni e delle vittime provocate nelle città israeliane dai razzi katiuscia lanciati dagli Hezbollah. A volte le immagini sono false, palesemente fuori contesto ma pur sempre capaci di influenzare in modo negativo l’informazione sull’operato dell’esercito israeliano.
Infine Giannotti con grande perizia mette in rilievo come il conflitto israelo-palestinese sia oggetto di scontro politico con posizioni pregiudiziali e precostituite che vedono la sinistra italiana schierarsi, senza se e senza ma, con i palestinesi.E ancora una volta a farne le spese è l’obiettività dell’informazione. Il testo è ulteriormente arricchito da un quadro storico, breve ma esaustivo, che delinea in modo scorrevole e accessibile ad un vasto pubblico i momenti salienti della costituzione dello Stato d’Israele, le trattative di pace, le risoluzioni dell’ONU e le guerre che hanno visto lo Stato ebraico impegnato a difendere il proprio diritto ad esistere.
Pensando ai molti giovani italiani che senza avere la minima conoscenza storica delle radici del conflitto israelo-palestinese indossano nei cortei e nelle scuole il copricapo dei palestinesi, la kefiah, per meglio identificarsi con il povero popolo palestinese, mi permetto di consigliare questo interessante volume ai docenti delle scuole italiane perché forniscano ai propri studenti le basi storiche per capire la complessità della questione mediorientali aiutandoli nel contempo a discernere, con una lettura critica dei giornali, la verità dalla menzogna, il pregiudizio dalla critica onesta.In tal senso il lavoro accurato e meticoloso di Giannotti “una delle poche voci fuori da un coro omologato contro Israele, sempre e comunque” è una base di partenza insostituibile.
Giorgia Greco

martedì 30 settembre 2008

Neghev

Inflazione in crescita dello 0,8 p.c. in Israele

Secondo quanto riporta l´Istituto nazionale di Statistica, l´inflazione israeliana è cresciuta dello 0,8 p.c. durante il mese di agosto, e l´indice relativo sarebbe così arrivato a 107 punti. Su base annua, invece, il tasso di variazione dell´indice dei prezzi è salito al 5 p.c.Stando alle statistiche dell´Istituto, è il più alto rialzo dei prezzi mai avvenuto ad agosto dal 1995 ad oggi. http://www.portalino.it


Shanà tovà a tutti, con le immagini del grande Lele Luzzati

da Barbara

lunedì 29 settembre 2008

INVITO I LETTORI DEL BLOG A VISITARE QUESTO SITO:


Una lezione da Israele. Se ha senso, la vita vale di più

Sembra un paradosso: Israele è la nazione più felice della terra. Un popolo minacciato nella sua stessa esistenza, costretto a vivere in una condizione di guerra permanente, riesce a mantenere un invidiabile grado di serenità. Lo dicono una serie di parametri statistici riportati da Spengler editorialista di punta di Asia Times. Confrontando il tasso di fertilità e quello dei suicidi Israele è in cima alla classifica dei paesi amanti della vita davanti a ben 35 nazioni industrializzate. È uno degli stati più ricchi, liberi e istruiti del mondo: con molte ore dedicate alla religione e primeggiando nelle discipline scientifiche. E la durata media della vita è più alta che in Germania e Olanda. Un quadro sorprendente se si considera che gli israeliani sono circondati da vicini pronti a uccidersi pur di distruggerli.
Una condizione che non può essere attribuita alle esperienze storiche. Nessun popolo ha sofferto più degli ebrei e avrebbe giustificazione migliore per lamentarsi. Chi crede nell’elezione divina di Israele vede in tutto ciò una speciale grazia di Dio. Secondo Spengler gli ebrei incarnano “l’idea di una vita fondata su un Patto che procede ininterrotta attraverso le generazioni”. Certamente il caso di Israele ci interroga. Rappresenta qualcosa di unico davanti a società europee invecchiate, e non solo in senso demografico. Società dove sono stati “resi eretici l’amore e il buonumore”, come disse nel 1974 l’allora professor Joseph Ratzinger. Nella stessa occasione il futuro Benedetto XVI si chiedeva “se la vita sia un dono sensato che si può fiduciosamente continuare a dare, anche se non richiesti, o se essa non sia veramente un peso insopportabile tanto che sarebbe meglio non essere nati”. E concludeva che “il primo compito che è importante oggi per l’uomo consapevole della propria responsabilità deve essere quello di risvegliare la ragione assopita”.
Interpretare la felicità di Israele come un dato sociologico sarebbe assai limitativo. In realtà è una provocazione che riguarda tutti. Ha a che fare col senso e la prospettiva che diamo alle nostre azioni e passioni. A patto di non aver già liquidato il problema della felicità come una questione da illusi sognatori. Non è un caso che i padri della costituzione americana, più di due secoli fa, abbiano inserito fra i principi fondamentali della nazione che stava sorgendo il diritto alla ricerca della felicità. Evidentemente si tratta di un punto che fa la differenza non solo per la vita dei singoli, ma per l’intera società. Tale ricerca deve partire da una positività riconosciuta, o almeno intuita, nella realtà in cui si vive. Questo richiede la capacità di saper guardare al di là delle apparenze, cosa che nell'immediato può anche comportare un sacrificio dentro però una prospettiva in cui si costruisce e si realizza la persona. E oggi, soprattutto ai giovani, non fa tanto paura il sacrificio, ma piuttosto il fatto che questo possa non avere un senso. Tutto ciò non è né automatico né scontato, ma frutto di un'educazione in grado di appassionare alla conoscenza della realtà partendo da fatti che muovano interesse e affettività. Fatti, non opinioni. Quindi occorre solo una grande lealtà. L'uomo per sua natura cerca qualcosa o qualcuno a cui appigliarsi e che prenda sul serio la sua esigenza costitutiva di felicità. Non c'è alcuna marcia inarrestabile verso il progresso a cui affidare le nostre speranze come, con una buona dose di dogmatismo ideologico, qualcuno ogni tanto vorrebbe farci credere. In questo senso la recente bufera finanziaria ancor prima che per il tracollo economico è motivo di smarrimento perché ormai concepiamo la ricchezza come unica certezza possibile mentre essa da sola oggettivamente non può dare senso e sostanza all’esistenza. Oggi è il momento di un amaro risveglio, ma può essere anche l'occasione per un ritorno a un sano realismo. Graziano Tarantini, L'Arena 28 settembre 2008

Paul Newman e Exdos


Tutti i TG di ieri sera, sabato 27 settembre 2008, hanno aperto con l'annuncio della morte di Paul Newman, e così i giornali di oggi domenica 28. Ma nè in televisione, nè su nessun quotidiano è stato ricordato EXODUS (1960), il film che gli ha dato la fama. Non una immagine, neppure la citazione del titolo. Qualcuno potrebbe dire che è un caso, può essere, anche se ne dubitiamo fortemente. Eppure EXODUS era un film pacifista, l'intera trama era un inno alla possibile convivenza fra ebrei e arabi. Ma era anche il primo film che esaltava il coraggio e l'abnegazione degli ebrei per la ricostruzione del loro Stato. Paul Newman, l'Ari Ben Canaan del film, era il sabra che combatte per il suo popolo, per la sua Patria. Un'immagine ben diversa da quella dell'ebreo che è sempre piaciuto agli antisemiti, l'ebreo privo di identità, l'ebreo invisibile nella società dei gentili. Per questo, tollerato ma non accettato, e, appena è stato possibile, sterminato. Ari Ben Canaan era l'opposto, era un combattente, uno delle tante migliaia di eroi sconosciuti che hanno costruito lo Stato d'Israele. Gli dedichiamo queste poche righe, in solitudine, mentre si sprecano le pagine che ricordano lo spaccone dai bellissimi occhi blu. (inviatomi dalla Fondazione Giorgio Perlasca) (va ricordato che Paul Newman era ebreo nr)


Salonicco 43» scuote Israele con l'eroismo del console Zamboni

TEL AVIV — «A Salonicco manca qualcosa e questo qualcosa sono i suoi ebrei». Il console Guelfo Zamboni è seduto alla scrivania, la sua prima linea negli anni da diplomatico del regime fascista. Dalla scrivania ricorda, dalla scrivania scrive lettere all'ambasciata ad Atene e al ministero degli Esteri a Roma: chiede di poter proteggere gli ebrei italiani della città greca e, se proprio italiani non sono, di essere autorizzato a fornire certificati di cittadinanza provvisoria.Sul palco — auditorium dell'università di Tel Aviv — la voce concitata di Massimo Wertmuller si intreccia con i canti ladini di Evelina Meghnagi, la battaglia a colpi di carte del console Zamboni con le memorie della comunità di Salonicco (interpretate da Carla Ferraro). «Salonicco 43» (diretto da Ferdinando Ceriani, verrà presentato anche alla Biennale Teatro) racconta di un funzionario che decide di agire contro la furia dei nazisti. «Non credo più all'illusione di molti, che non vedere sia non sapere». Zamboni vede e lo rivela nei sui dispacci diplomatici: dettaglia la brutalità dei tedeschi, quando la città finisce sotto il loro controllo nel 1943, si affanna per organizzare un treno che porti ad Atene cinquecento ebrei. La Gerusalemme dei Balcani — com'era chiamata Salonicco — rivive anche nelle romanze sefardite, adattate dal compositore israeliano Dov Seltzer nel poema sinfonico «L'oro delle ceneri », seconda parte della serata, organizzata dall'Istituto italiano di cultura.I documenti su cui Ceriani ha basato la sceneggiatura sono stati raccolti da Daniel Carpi, docente all'università di Tel Aviv, e l'attenzione sulla vicenda è stata riportata da un libro scritto da Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera, dalla professoressa Alessandra Coppola e dal giornalista greco Jannis Chrisafis. Ferrari e Gian Paolo Cavarai, già ambasciatore ad Atene, hanno lavorato perché il progetto ricordasse il ruolo di Zamboni, che nel 1992 ha ricevuto il titolo di Giusto a Yad Vashem.

Guelfo Zamboni 1897 - 1994
Nasce a Santa Sofia, in Romagna, nel 1897. Nel periodo della Seconda Guerra Mondiale è Console Generale d'Italia a Salonicco, città occupata dalle truppe naziste, che, nel 1941, ospita la più grande comunità (56.000 persone ) di ebrei sefarditi al mondo. Giunto nel febbraio del 1942 a Salonicco, in zona greca occupata dai tedeschi, per alcuni mesi il console riesce ad evitare che gli alleati trattino gli ebrei della città come nei mesi precedenti avevano trattato gli ebrei polacchi e ucraini. Ma agli inizi del 1943 è costretto a limitarsi alla protezione degli ebrei italiani, dopo che Eichmann ha mandato il suo vicario ad Atene per la deportazione della comunità di Salonicco. Zamboni organizza una tradotta che parte da Salonicco nella notte del 15 luglio, consentendo la fuga degli ebrei italiani verso Atene. E fa carte false - letteralmente - affinché sul treno della salvezza salgano anche varie decine di ebrei che italiani non erano affatto, ma a cui il console aveva riconosciuto la cittadinanza con il pretesto di chissà quali legami familiari. Per strapparli alla deportazione, Zamboni scrive numerosissimi telegrammi al Ministero degli Esteri, sveglia nel pieno della notte il capo della rappresentanza italiana e riesce a procurare documenti di identità falsi a 280 ebrei per raggiungere Atene, situata nella zona d'occupazione italiana, permettendo loro di sfuggire al controllo tedesco e quindi alla deportazione. Muore nel 1994 a Roma.Nel 1992 gli viene conferito il titolo di Giusto fra le Nazioni dallo "Yad Vashem" di Gerusalemme. L'operato di Zamboni viene descritto da un suo collaboratore, Lucillo Merci, in un diario ed è stato ripreso da Daniel Carpi, storico israeliano di origini italiane. In un saggio pubblicato dall'Università di Tel Aviv, Carpi ricostruisce, sulla base dei documenti trovati presso “l'Archivio del Consiglio generale d'Italia a Salonicco” della Farnesina, i due anni e mezzo intercorsi tra l'arrivo dei tedeschi nel 1941 e la pressoché totale distruzione della comunità ebraica nel 1943. Circa 300 ebrei greci dovettero la propria salvezza al coraggio di Guelfo Zamboni che ai parenti, finita la guerra, non raccontò mai ciò che aveva fatto in quegli anni. E quando gliene chiedevano conto la schiva risposta era sempre la stessa: «Ho fatto soltanto il mio dovere». Il dovere di saper ascoltare la propria coscienza. Nell'Italia di ieri e in quella di oggi, non è forse un esempio da seguire?
Corriere della Sera (inviatomi dalla Fondazione Giorgio Perlasca)